La ‘Nduja che infiamma cuori e tradizione calabrese: ecco come nasce il piatto piccante della sagra dell’ 8 agosto di Spilinga

Pensate al mese di agosto sulla costa calabrese dove i trenta gradi sono un miracolo all’ombra. Pensate alle tipiche gioiose sagre di paese a cui è obbligatorio partecipare una volta nella vita. Il caldo afoso vi fa venire voglia di qualcosa di fresco e la fame si fa sentire dopo una lunga di mare. Alla sagra vi offrono assaggi di crostini di pane con sopra un salume spalmabile. Solo dopo il primo morso vi accorgere della bontà che state gustando ma di certo non è il piatto fresco che pensavate.

La ‘nduja è un insaccato che può essere utilizzato in tanti modi: spalmato sul pane, ottimo per arricchire sughi per le paste e come condimento sulla pizza. SI presta perfettamente anche al condimento di carni e verdure o in abbinamento con formaggi stagionati. E’ un piatto tipico della cucina calabrese povera, infatti originariamente era formata da scarti di maiale. Il ripieno era formato per lo più da scarti molli stomaco, intestino, milza, polmoni, esofago, cuore, trachea, ma anche altri scarti come le parti molli del retrobocca, la faringe le porzioni carnose della testa e i linfonodi.

Anche il grasso utilizzato nella ricetta era formato da scarti di preparazione come ad esempio sugna, salsicce o soppressata. Il composto viene insaccato nella parte finale dell’intestino crasso, il budello cieco. Per rendere il suo gusto ancora più particolare, a volte la ‘nduja veniva leggermente affumicata bruciando essenze di robinia o di ulivo.  In un secondo momento veniva stagionata in un luogo fresco, asciutto e igienicamente protetto per circa tre – sei mesi. Questo è uno tra i pochi insaccati che non necessita di conservanti: il peperoncino piccante, infatti, contiene proprietà antisettiche e antiossidanti.

Dove nasce?

Come ogni storia ha diversi punti di vista. Secondo alcuni è associabile all’importazione del peperoncino nel 1500 ad opera degli spagnoli. Per altri invece è collegabile all’arrivo dei francesi nella penisola nel 1800. Con precisione al periodo napoleonico (1806-1815), quando il cognato di Bonaparte, Gioacchino Murat, cercava un modo per entrare nelle grazie dei calabresi. Lo strumento migliore è sempre prendere per la gola, allora ordinò di distribuire l’andouille un salume francese a base di trippa. Il successo fù così grande che si appropriarono della ricetta modificandola con le risorse a loro disposizione.

Ovviamente oggi la ricetta è sempre più affinata e  gli ingredienti sono di prima qualità, si usa carne e grasso come lardello, guanciale, pancetta, e peperoncini diversi in base al grado di piccantezza.

oto articolo: immagine di repertorio

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