Lo sapevi che anche la Sicilia ha il suo riso? Viene coltivato ad esempio nella zona di Lentini, tra Catania e Siracusa. È da sempre l’ingrediente principale di uno dei piatti simbolo dell’Isola – l’arancina o arancino che dir si voglia – ma da oltre un secolo era addirittura sparito dai campi della Trinacria. Da un lustro a questa parte, il riso è nuovamente coltivato dai siciliani.

Questa introduzione è doverosa per parlarvi del riso italiano, qualità delle nostre regioni (di fatto non solo il Nord), partendo dal principio fisico-sensoriale che un buon riso diventerà nella maggior parte dei casi sempre un buon risotto. Sempre.

E siamo alla base del nostro viaggio, al punto di partenza. Come indossare in fondo un buon paio di scarpe comode per una lunga passeggiata!

Prima di tutto serve un buon brodo cucinato ad arte, “figlio” legittimo degli ingredienti principali del piatto che andiamo a realizzare, figli legittimi del nostro “progetto”, ad esso legati da un filo conduttore indissolubile: ecco abbiamo individuato e intrapreso la strada da percorrere. Il brodo deve rappresentare “il disegno” del piatto. E deve contenere le essenze di quello che assaporeremo al palato. Siamo partiti, il nostro percorso è iniziato. Siamo in cammino!

Strada facendo ci rendiamo conto che devono esserci sempre i giusti accostamenti, l’equilibrio dei “gusti” nato dalla “logica” unione delle materie prime “in gioco”, quelle che devono regalarci agli occhi e al palato il ruolo prima di tutto  del protagonista, e poi dei suoi “compagni di avventura”. Ingredienti chiave che devono esaltare il senso di tutto quello che abbiamo creato e pensato, “progettato”, partendo dal riso, nel momento in cui si crea l’imprinting tra commensale e piatto, con lo sguardo e l’olfatto, seguiti dall’assaggio, dalla masticazione.

La nostra massima soddisfazione sarebbe sapere, subito, che il nostro risotto sia stato in grado di regalare al nostro commensale sensazioni incredibili. Un ricordo indelebile.

E ci riusciremo! Se non abbiamo trascurato nulla. Perché vedremo che il risotto è come un figlio, la cui “crescita” è da custodire. Non va perso mai di vista. Va seguito, con amore e dedizione. Ma come un buon padre dovrebbe fare, a quel figlio “va fatto fare il suo percorso”. Lo possiamo guidare ma non tarpargli le ali. Solo così il riso diventerà un risotto straordinario.

Perché nulla va lasciato al caso: ci sono gli aromi, le spezie, le erbe vive, “gli effetti sorpresa” da regalare al palato, i prodotti stagionali e i passaggi inevitabili come la giusta cottura del riso, la temperatura di servizio, la cremosità finale, il rapporto perfetto tra le consistenze in gioco. Le tecniche figlie dell’esperienza e della conoscenza. Tutto questo e molto altro è il viaggio straordinario per cucinare i risotti italiani. Meglio ancora se con un riso siciliano.